È una domanda che, almeno una volta nella vita, ci siamo posti un po’ tutti: ma perché mai in questo sport viene utilizzato questo genere così inconsueto di punti?
Esistono varie teorie sulle motivazioni che hanno portato a rendere tale il conteggio dei punti, così come lo conosciamo oggi: tra leggende metropolitane e voci tramandate se ne possono contare almeno tre diverse, e ciascuna di esse con varie declinazioni e interpretazioni differenti.
Partendo in ordine cronologico, le teorie più in là nel tempo sono quelle che ci portano addirittura nel Medioevo, molto prima dunque della vera e propria nascita di questo sport, che viene ufficialmente fatta risalire al 1887, in concomitanza con il primo torneo disputato a Wimbledon.
Prima di tutto ciò, infatti, c’erano altri giochi, considerati come dei veri e propri antenati del tennis, quali il “Jeu de paume” in Francia o la “Pallacorda” in Italia. Ed è lì che possiamo trovare le prime spiegazioni plausibili. Ecco l’elenco completo:
· La teoria delle cacce e la filastrocca
Ecco, secondo quanto tramandato, in quell’epoca i punti sarebbero stati contati a seconda delle “cacce”, ossia i segni che venivano fatti sul campo da gioco ogni volta che la palla si fermava: 15 di quei segni formavano un punto, 30 portavano a due e 45 a 3. L’ordine crescente di 15 in 15 venne spezzato successivamente, portando il 45 a 40, sembra per via di una più facile dizione, che ricordava tra l’altro una filastrocca francese in cui veniva detto appunto “quinze, trente et quarante”.
· La teoria del denaro d’oro
Non è finita, perché sempre allo stesso periodo risale un’altra versione (seppur meno accreditata) sulla storia del punteggio del tennis: secondo questa variante, infatti, per ogni punto venivano messe in palio delle monete, per l’appunto 15 soldi, che corrispondevano a un denaro d’oro. Da qui la decisione di optare per questa unità di misura.
· La teoria dell’orologio
Passiamo poi a una teoria che non ha niente a che vedere con monete o segni sul campo, ma che si riferisce invece alla presenza di due orologi, i cui quadranti venivano utilizzati per segnare i punti. Sostanzialmente le lancette venivano mosse di “quarto d’ora in quarto d’ora”, fino ad arrivare a completare il giro arrivando a 60, che corrispondeva ovviamente alla vittoria del game.
· Da 45 a 40 per opportunità
Sebbene anche in questo caso alcuni tirino in ballo la possibilità della filastrocca francese, in questa variante esistono anche altre due versioni che provano a spiegare il motivo per il quale si sia passati successivamente da 45 a 40 per identificare il terzo punto. La prima opzione si riferisce esclusivamente all’opportunità di segnalare i vantaggi in qualche modo, dal momento che per poter vincere un game occorrono almeno due punti di distacco rispetto all’avversario. Arrivare a 45 pari, di conseguenza, avrebbe portato a non poter assegnare il punto del vantaggio, perché questo avrebbe condotto a 60, la stessa cifra identificativa della vittoria. Così sarebbe stato deciso di trasportare il “deuce” a 40, in modo da consentire di andare in vantaggio (spostando la lancetta a 45) senza arrivare alla quota indicata per la vittoria del game.
· Da 45 a 40 per… altezza
Seconda opzione, un po’ più romanzata (e con qualche falla evidente), riconduce invece alla dinamica di segnalazione dei punti su questi grandi orologi: per questa versione, infatti, il compito di spostare le lancette era assegnato a dei bambini (un po’ come accade per i raccattapalle) e la maggior parte di loro non riusciva ad arrivare comodamente a toccare il 45 (non si capisce però come facessero allora a spostare la lancetta dallo zero al quindici, ma vabbè). Per facilitare le operazioni sarebbe stato così deciso di abbassare a 40 il terzo punto.
· Zero come “Love”…. O come uovo?
Abbiano parlato finora delle teorie più accreditate riguardo la storia del punteggio del tennis ma non è stato ancora affrontato un discorso altrettanto curioso e particolare. Se vi siete domandati come mai vengano usati questi “quarti d’ora” per segnalare i punti di un game, vi sarete pure chiesti il motivo per il quale gli arbitri dicano la parola “love” per indicare gli zero punti di un giocatore.
Anche in questo caso la storiografia propone diverse interpretazioni: si passa dal riferimento al proverbio “fortunato al gioco, sfortunato in amore” (come incoraggiamento nei confronti del tennista a zero) a quello “neither for love nor for money” (tradotto: “né per amore, né per i soldi”).
Ma quello più accreditato rispetto a tutti gli altri è un altro: in Francia la formula dello zero veniva identificata con il termine “oeuf”, cioè uovo, per la sua forma simile a quella del numero. Una volta arrivato in Inghilterra, il tennis, ha modificato leggermente la pronuncia di questo termine (come sempre per distinguersi dagli altri), trasformandolo appunto nella parola “love”. Ecco dunque spiegato il motivo del perché durante le partite sentiate l’arbitro dire “fifteen-love”, “thirty-love”, “forty-love”.